GIOVANNI MORETTI

 

IL 12 OTTOBRE 2005 UNA PICCOLA, COMMOSSA FOLLA HA ACCOMPAGNATO GIOVANNI MORETTI NEL SUO FUNERALE: UNA CERIMONIA SEMPLICE MA INTENSA E RICCA DI SIGNIFICATO UMANO E CIVILE. WALTER PILINI HA PRONUNCIATO QUESTE PAROLE DI RICORDO E COMMIATO.

 

Ho conosciuto Giovanni trenta anni fa, ad uno stage del Consiglio Nazionale delle Ricerche organizzato a Viareggio per la formazione di équipes per l’aggiornamento degli insegnanti italiani all’estero. Il suo interesse per il mondo della scuola ed i suoi studi dialettologici sono stati l’immediato punto d’incontro tra me e lui, pur diversi per età, studi e formazione culturale. Mi fu da lui presentato in quella sede il maestro eugubino Orlando Spigarelli, un pioniere dell’uso didattico del dialetto nella scuola elementare.

L’incontro con Giovanni, insieme a quello con il collega di Gubbio, fu per me stimolante e fecondo.

Di lì a poco ricevetti in dono da lui il Vocabolario del dialetto di Magione, frutto di anni di appassionato lavoro a contatto con i suoi compaesani-informatori,  che costituisce un sicuro ed ancora attuale punto di riferimento per gli studiosi ed i cultori dei dialetti di area perugina, e non solo.

Successivamente abbiamo potuto scambiarci le nostre produzioni poetiche, a volte manoscritte. Sì, perché Giovanni, lo studioso rigoroso delle parlate locali dell’Umbria, ha composto svariate poesie, in lingua ed in dialetto. In entrambi i codici colpisce la musicalità del verso ed una lingua, pur semplice e legata alla quotidianità, chiara e non consumata dall’uso, com’era nel suo stile. Ricordo le sonorità dei suoi endecasillabi in dialetto magionese, nel registro urbano di chi, come lui, era nato in paese. Accanto a questi componimenti, sempre misurati e garbati, stanno le sue raccolte giovanili di versi in lingua: “Fontanelle” e “Dal mio quaderno”, q, con una prefazione di Franco Mancini, lo studioso di Jacopone da Todi e conterraneo di Giovanni: è infatti di Agello.

Questo amore per la sua regione ha trovato le sedi per esprimersi sia professionalmente negli anni del suo appassionato insegnamento alla scuola media locale, sia politicamente e civilmente come amministratore comunale e come cittadino che ha a cuore le sorti del luogo che, pur vivendo ormai a Perugia, continua a frequentare spesso.

Ma il suo impegno civile trova anche manifestazione in alcune sue fatiche letterarie, come nel racconto per bambini e bambine “Codamozza”, ambientato nella torre dell’orologio magionese.

Poco tempo più tardi, in un altro contesto, ritrovai compiaciuto tracce del lavoro e dell’impegno di Giovanni, sempre legato al mondo della scuola ed a grandi, comuni maestri. Stavo intervistando insieme all’amico Paolo Sartoretti per la rivista “Risonanze” a Todi il medico Lanfranco Mencaroni, amico della prima ora di Capitini, a proposito dei rapporti di quest’ultimo con don Milani. In particolare stavamo chiedendo come fosse andata la storia della collaborazione tra il priore di Barbiana e gli amici perugini spesso saliti da lui (e tra questi mi piace ricordare Pio Baldelli, altro grande maestro ed intellettuale civilmente impegnato), che produsse l’uscita del “Giornale scuola”. Si trattava di una proposta del prete fiorentino che si concretizzò a Perugia: serviva un giornale, in primis destinato ai lavoratori, contenente un solo articolo per numero, insieme alle notizie di carattere linguistico e culturale per farlo capire a tutti. Così, per l’impulso entusiasta e convinto di Capitini e Mencaroni, nacque una redazione, di cui facevano parte, insieme ai due promotori, Bruno Orsini, Nini Menichetti, Pio Baldelli e per l’appunto, Giovanni Moretti.

Ma l’impegno sociale e quello culturale si sono intrecciati con l’impegno politico di Giovanni, anche quando si è trattato di fare scelte apparentemente controcorrente, ma coerenti con un modo di intendere la politica come servizio disinteressato e come impegno civile  e partecipazione dal basso. In questo quadro si colloca il suo passaggio dalla militanza socialista a quella radicale. Giovanni abbracciò con entusiasmo e con slancio le battaglie libertarie e nonviolente per un’Italia laica, più civile e moderna. Qui di Giovanni, uomo profondamente attaccato alle proprie radici, emergono gli orizzonti ampi e di respiro transnazionale ed europeo dell’uomo di cultura, con un occhio particolarmente attento per varie ragioni al panorama politico-culturale francese, di quella Francia e di quello spirito voltairiano di cui era un profondo estimatore.

Ciò emerge con forza anche dalle sue attività legate all’insegnamento universitario. E’ degli anni ’80 il Concorso sulla Fiaba umbra. Ci sono poi le numerose tesi di laurea, per molti vera palestra formativa per futuri studi dialettologici e per pubblicazioni sui dialetti delle varie località e comunità dell’Umbria. A queste tesi sono seguite quelle sulla microtoponomastica, ovvero la toponomastica non cartografata, anch’esse di numerose aree della nostra regione (e questo in collaborazione dell’Istituto Policattedra di Geografia della nostra Università, diretto dal professor Alberto Melelli), nella convinzione lucida e consapevole di Giovanni che i toponimi sono dei beni culturali a pieno titolo e a buon diritto, e come tali da tutelare e conservare. Proprio grazie a lui questa istanza è stata recepita ed ha trovato la sua concretizzazione in una recente legge regionale umbra.

Intanto, sulle tracce degli studi del suo grande maestro, il professor Ugolini, ne prosegue gli studi e le ricerche per meglio definire le aree in cui i dialetti umbri possono essere raggruppati, individuando  con chiarezza soprattutto le due aree di transizione Trasimeno-Pievese e quella che attraversa longitudinalmente e trasversalmente la nostra regione da nord-est a sud-ovest ( ovvero la fascia Scheggia-Todi). Tali lavori, corroborati da numerose inchieste sul campo, hanno trovato la loro sistemazione e precisazione  nel volume della collana sui profili dei dialetti italiani dell’editore Pacini di Pisa e dedicato all’Umbria.

Per rimanere alla sua produzione scientifica ed al suo legame con il territorio, è doveroso soffermarsi sulla sua “creatura” più amata ed alla quale tante energie ha sempre dedicato: l’Atlante Linguistico dei Laghi Italiani (A.L.L.I.), che lo ha visto radunare intorno a sé tantissimi studiosi di ogni parte d’Italia - e non solo - per un progetto tuttora in corso e che è già stato particolarmente fecondo per i risultati ed i lavori prodotti. Mi pare di poter cogliere qui anche la felice intuizione dell’importanza del rapporto stretto, allora non troppo scontato, tra università ed enti locali, in una prospettiva di apertura dell’università  al territorio. La realizzazione di convegni, mostre, iniziative di varia natura lo testimoniano appieno negli anni.

Un’altra idea brillante di Giovanni, legata al progetto dell’A.L.L.I. , è stata quella dell’allestimento del Museo della Pesca a San Feliciano, che costituisce un prezioso centro di documentazione di questa attività così importante per l’economia lacustre, almeno fino a pochi anni fa. In questo contesto si colloca il volume di studi offerto a Giovanni “Le acque interne dell’Italia centrale”, uscito nel 2004 e curato da Antonio Batinti, Marco Bonino, Ermanno Gambini. Nel luglio scorso, per iniziativa del presidente della Pro-loco di San Feliciano, Claudio Marinelli, in occasione dell’annuale “Festa del giacchio”, che prende il nome da un antico strumento di pesca, abbiamo presentato il libro alla gente di quel territorio cui Giovanni era particolarmente legato. Valga per tutti l’accenno al legame di amicizia e di affetto con Dante Gasperi, il pescatore scomparso di recente, paziente informatore del professore universitario che informalmente conduceva nelle sue lunghe conversazioni con lui le sue inchieste dialettologiche sul campo.

Avviandomi verso la fine di questo mio affrettato e poco organico ricordo di Giovanni, che considero, oltre che un amico, un mio grande maestro, voglio rimandare a ciò che su di lui scrive, sul numero 4 (giugno 2005) della rivista “Umbria Contemporanea”, il suo amico e collega Gianfranco Maddoli: “Ci sono persone senza la cui intelligenza e sensibilità sociale una regione e un Paese in genere non avrebbero mai raggiunto il livello di civiltà nel quale attualmente si trovano: una di queste è per l’Umbria, senza dubbio possibile, Giovanni Moretti: … Moretti è tra coloro che, a diverso titolo, hanno costruito l’Umbria contemporanea ancorandola alle radici della sua storia e delle sue tradizioni”.

Vorrei concludere con le parole che Jacques Derrida aveva pensato per il suo decesso: “Sorridetemi come io vi avrei sorriso fino alla fine. Preferite sempre la vita e affermate senza posa la sopravvivenza. Vi amo e vi sorrido da dove io sia”.

                                                     Walter Pilini