I TEATRI STORICI DELL’UMBRIA

 

Teatro Comunale di Norcia

Norcia, già dalla fine del 1600, aveva una sala nel palazzo consolare adattata a teatro. Tradizione quella del teatro profano già ampiamente presente con le “commedie ridicolose”, forma  dilettantesca di teatro dell’arte in cui appariva anche il personaggio del Norcino, sinonimo di villano.

Ma solo verso la fine del !700  il  Prefetto della Montagna, Angelo dei principi Altieri, Commissario Apostolico, volendo trasformare la comunità da “ruvida e intrattabile” in “culta e decente”, favorì la costruzione di un vero teatro,  spingendo i possidenti della città e del contado a costituire un fondo per questo scopo. Furono 37 le famiglie del primo e secondo ceto che depositarono delle somme di denaro al Monte di Pietà  per la costruzione del teatro e che nel 1769 si riunirono per approvare il progetto dell’architetto e pittore Giuseppe Viscardi da Rieti. Ad opera ultimata ci fu il sorteggio per assegnare i palchetti acquistati dai notabili.

Dopo vari interventi conservativi venne affidato il progetto di riedificazione all’architetto Mollajoli di Perugia  che, nella primavera del 1874, consegnò l’opera inserita nella città urbanisticamente trasformata dopo il terremoto del 1859. L’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1876 con Il ballo in maschera di Giuseppe Verdi. Aveva tre ordini di palchi e il loggione, il sipario di soggetto guerresco era del pittore veneziano Zasso .

Nel 1952 un violento incendio lo distrusse. Passarono ben 44 anni prima della sua ricostruzione a causa della mai soluta questione dei privati,  proprietari dei palchi che non volevano rinunciare alla proprietà di questi, né sostenere spese per la manutenzione. Solo nel 1975 una sentenza stabilì che l’unico proprietario era il Comune e questo sarà l’avvio del processo ricostruttivo reso più complesso anche dal terremoto del 1979 che impose modifiche strutturali in corso d’opera. Il progetto dell’architetto Poggiolini mantiene la facciata ottocentesca del Mollajoli ma risulta completamente rinnovato all’interno con i  226 posti in platea e 150 in galleria.

Solo con l’intervento dei finanziamenti regionali volti alla ristrutturazione dei teatri storici si arriverà a conclusione della tormentata vicenda.

Nel 1996 si ha l’inaugurazione con “Rudens” di Plauto interpretato da Flavio Bucci , primo spettacolo di una stagione che vedrà in cartellone spettacoli di livello nazionale.

Il teatro è gestito dall’Associazione “Amici del Teatro” inaugurando una formula di collaborazione fra Associazioni culturali locali ed istituzioni.

 

Teatro Clitunno di Trevi

Nel XVIII secolo, come era uso, viene adibita a spazio per rappresentazioni teatrali da parte di un notabile locale,  l’Aula Magna del Palazzo Priorale.. Gli spettacoli rappresentati erano Operette di commedia, Commedie in tempo di Carnevale, Recite delle Commedie di Burattini, Balli in Corda.

Nel periodo post- unitario Trevi  vive un fervore di lavori di ammodernamento: strade, ferrovia Roma-Ancona, telegrafo, illuminazione pubblica a petrolio…in questo contesto trova la sua collocazione anche un vero teatro. Viene affidata nel 1873 la progettazione ed esecuzione all’Architetto Mollajoli, lo stesso che aveva progettato il teatro di Norcia. La Commissione sottopose il progetto alla cittadinanza che lo accolse favorevolmente e 24 famiglie della nobiltà e della borghesia aderirono all’acquisto dei palchi. Le decorazioni pittoriche e il sipario vennero affidate a Domenico Bruschi. Il teatro venne inaugurato con l’opera “Maria Rohan” di Doninzetti. Venne costituita la Società Filodrammatica, che si connotò diversamente con la presenza in città , dal 1912, inizialmente come villeggianti, di due attori molto famosi all’epoca: Luigi Biagi e Giovannina Aliprandi; quest’ultima si stabilirà a Trevi e vi organizzerà una scuola di recitazione. Il teatro è radicato in città tanto che l’attività continuerà  nonostante le guerre. Nasce anche una seconda filodrammatica nel 1945, quella dei Periferici.  Nel 1954 la direzione concede l’uso stabile del teatro per spettacoli cinematografici, con i cui introiti si poteva intervenire nella manutenzione. Con l’ascesa del cinema c’è la decadenza del teatro. Intanto l’edificio andava degradandosi e non rispondeva più alle norme di sicurezza.

Venne chiuso nel 1981. Anche il Teatro Clitunno di Trevi è rientrato nel piano di intervento regionale di restauro e recupero dei teatri storici, dopo i lavori ha riaperto nel 1992 e da allora ospita, ogni anno, una stagione teatrale ricca di spettacoli del circuito nazionale.

 

Teatro Comunale di Todi

 Venne inaugurato nel 1876 con un “Ballo in Maschera”di Verdi. La sua dimensione sorprende, ha infatti 500 posti, venne forse pensato per una comunità in espansione in pieno slancio post-unitario. Nasce anche in opposizione, come espressione libertaria, al teatro proprietà dell’Accademia degli Stabili, considerato eredità dell’ancien regime, ospitato fin dal 1676 nella Sala Priorale del Palazzo Comunale ed attivo fino al 1875.

I primi cinquanta anni videro prevalere l’opera, anche se con un repertorio limitato che tendeva ad escludere le produzioni più innovative, è intorno agli anni venti che si amplia il repertorio ad opera dell’Associazione Theatralia  che introduce autori più moderni come Puccini, arricchendo l’offerta. All’opera si alternarono l’operetta e la prosa, che però ebbe scarsa importanza eccetto le rappresentazioni della filodrammatica locale. Nel 1947 il Comunale si trasforma in cinema-teatro, inaugurando una stagione di difficile convivenza, per cui, da un lato,  per alcuni anni,  va avanti la tradizione operistica con notevoli insuccessi a parte il concerto di Beniamino Gigli nel 1953, dall’altro il cinema che,  con l’affluenza maggiore di pubblico, contribuisce al deterioramento delle strutture e degli arredi. Negli anni 50 e 60 poi viene usato per sfarzosi veglioni a tema ricchi di coreografie; mutando velocemente il gusto, le feste si trasformano con la presenza di cantanti di spicco quali Mina, Endrigo, Dorelli, Morandi…Alla fine degli anni 60 torna la prosa con le proposte innovative del Teatro Stabile dell’Aquila che non vennero accolte favorevolmente pubblico benpensante della città. Viene chiuso nel 1981, restaurato con i fondi regionali e  affidato alla gestione pubblica . La programmazione dopo la riapertura, in collegamento con gli altri teatri regionali, offre sia la lirica che la prosa, la danza e la musica con cartelloni di tutto rispetto.

 

Teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio

Ai primi anni dell’Ottocento risale la costruzione di questo piccolo teatro, voluto da nove famiglie del luogo che ne divennero i caratanti, cioè i garanti. L’intestazione rimanda agli echi illuministici del regime napoleonico, la forma a conchiglia  di impostazione neo-classica evoca i fasti imperiali.

La sua vita fu breve, perché subentrò  la normalizzazione pontificia . Il piccolo teatro andò velocemente degradandosi fino al restauro del 1892 che vide anche interventi pittorici notevoli.

Si dovevano rappresentare operette buffe, commedie in musica, farsette in musica…Stretta era la relazione con le filodrammatiche di Todi. Durante il fascismo fu poco usato e rischiò l’abbattimento.

L’attività venne ripresa nel 1945 rappresentando lavori presenti nel cartellone tuderte.

 Nel 1981 l’Amministrazione Comunale avviò le pratiche per sottrarre il teatro agli eredi dei caratanti per permettere così il restauro utilizzando i fondi regionali. La nuova inaugurazione si ebbe nel 1994. Il cartellone vede preferibilmente la prosa, ma anche piccoli ensemble musicali.

 

Cinema-Teatro Concordia di Marsciano

Ciò che rimane dello storico Concordia ottocentesco  è la facciata, da foto d’epoca si può risalire alla sua struttura originaria con i due ordini di palchi ed il loggione, ma gli interventi demolitivi per trasformarlo, fra gli anni cinquanta e settanta, in sala cinematografica lo hanno snaturato. Ha ospitato solo sporadicamente in quel periodo spettacoli di prosa. Venne chiuso a causa del degrado nel 1982. Il Comune decise di avviare un processo di recupero, mantenendo la doppia funzione di cinema-teatro ormai irrinunciabile. Riapre nel 1990 con un’attività teatrale regolare curata dall’Assessorato alla cultura ed una programmazione cinematografica gestita da una Cooperativa.

 

Teatro Mengoni di Magione

Nel 1870 un gruppo di cittadini fra i notabili per censo e cultura costituiscono la Società Anonima per la costruzione di un teatro. Il progetto è eseguito dall’architetto Mengoni, bolognese ed affermato. Non esistono documenti che spieghino come mai un professionista così noto si sia dedicato ad un’opera assolutamente minore. Dicerie popolari parlano di amori clandestini e del progetto come di una specie di risarcimento. La realtà è che Magione inaugurò il suo teatro nel 1871 con  uno spettacolo della Filodrammatica perugina della Minerva. Non ci rimangono disegni originali o progetti vista la proprietà privata dello stabile. Dopo una prima fase di intensa attività con spettacoli di prosa, operetta, concerto comunale, feste di carnevale, gioco della tombola..,la Società anonima tenta di venderlo al Comune perché stava diventando oneroso mantenerlo, non riuscendovi, lo cede gratuitamente nel 1877. Si avviano i primi lavori di recupero in particolare del tetto. In questi anni il teatro è in piena attività , oltre alle filodrammatiche locali si ospitano anche compagnie professionali, importanti sono le feste di carnevale in cui l’orchestra o il Concerto Municipale venivano alloggiati sulla “piccionaia” e il palco attrezzato con tavolini e separé, si dice che vi si esibì anche Toti dal Monte. Nel 1920 il Comune cedette la sala per la programmazione domenicale cinematografica. Dietro parere di inagibilità della Commissione provinciale si dovette passare ad un ulteriore intervento con il quale il Comune svuotò il teatro di tutte le strutture lignee riducendolo ad uno stanzone vuoto, siamo nel 1933 e per lunghi anni rimase chiuso. Nell’immediato dopo guerra venne usato anche come spazio per matrimoni o, ancora, alloggiò per un certo tempo due famiglie bisognose. Successivamente fu caratterizzato da numerose attività di intrattenimento, ma è assente la  prosa o altre iniziative culturali. Nel 1978 viene di nuovo chiuso per motivi di sicurezza. L’ultimo intervento  fu eseguito dalla Regione che aveva acquistato ad un prezzo simbolico l’immobile per poterlo poi restaurare. L’inaugurazione avviene nel 1995 con Stanca di guerra di e con Lella Costa. Viene affidato al Comune che con il Teatro Stabile dell’Umbria, la Fondazione Umbria Spettacolo vi organizza stagioni di prosa, musica e danza.

 

Bibliografia

Le schede sono tratte dai volumi della collana “I Teatri dell’Umbria”, a cura di Fausto Gentili, Regione dell’Umbria, EFFE Fabrizio Editore s.r.l., Perugia, 2000:

Carlo Maneri, Il Teatro di Norcia.

Bernardino Sperandio, Il Teatro di Trevi.

Manfredo Retti, Il Teatro di Todi.

Gianfranco Zampetti, Il Teatro di Magione.

Marta Gaburri, Il teatro di Bevagna.

Giuseppe Baiocco, Il teatro di Orvieto.

Fabrizio Cece, Ettore A. Sannipoli, Il teatro di Gubbio.

Stelvio Catena, Il teatro di Spello.