Quanto valgono i tuoi rifiuti

Spazzatura d’oro: riciclare o incenerire?

Intervista a Francesco Catalucci

 

La notizia passa quasi in sordina: ma intanto, a Cascia, è stata aperta una “isola” pedonale nella quale i rifiuti differenziati (carta, vetro, plastica) vengono direttamente pagati a peso.  Sembra l’uovo di Colombo: i rifiuti tornano ad essere materia prima anche per il semplice cittadino, che così è incentivato a differenziare a casa, in vista di un piccolo ma sicuro introito. Ne parliamo con il promotore e consulente dell’iniziativa, l’ingegner Francesco Catalucci. Con lui sono anche l’ingegner Nicola Montana e il geometra Giampiero Partenzi, della società Tecnosea, che gestisce la raccolta differenziata in vari comuni umbri.

 

Noi siamo ingegneri, cioè tecnici specializzati nel solo settore ambientale: nello specifico, noi lavoriamo nel settore delle raccolte differenziate dei rifiuti, perché questa è l’unica via che possa essere compatibile con lo sviluppo sostenibile, e soprattutto con una consulenza del tutto privata e al di fuori dei canoni regionali. I Piani regionali hanno fallito già in partenza gli obiettivi del decreto Ronchi: oggi siamo nel 2004, la legge che è del 97 che aveva dato tempo ai Comuni di programmare le azioni necessarie affinché nel 2003 avessimo raggiunto il 35% minimo di raccolta differenziata, nel 2004 il 45%; siccome siamo lontani da questi obiettivi, i cittadini umbri andranno a pagare una ecotassa, e di questo non ne parla nessuno, e soprattutto i cittadini pagheranno per effetto di una deficienza a livello di programmazione regionale: questo è grave. Il punto è che una regione programma delle azioni, e in quel programma non è incluso il raggiungimento degli obiettivi di legge.

E perché questo? E’ semplice. Lo abbiamo pochi giorni fa, la stessa regione ha intenzione di acquistare gli inceneritori. Ora, il rifiuto o lo si ricicla, o lo si incenerisce; sono due vie assolutamente incompatibili. Il motivo è semplice: il rifiuto, qualunque esso sia, non brucia, non dà origine a nessuna energia o reazione che renda, in termini termodinamici, applicabile la produzione di energia. Quindi non vi è una termoutilizzazione, non esiste tecnicamente, tant’è che tutti gli inceneritori funzionano grazie a una forte iniezione di carburante tradizionale.

Ecco: questa è carta; questa si ricicla perfettamente al 100%; se è sporca si può fare compostaggio, se è pulita può rientrare nel ciclo di una industria che non va ricercata, è già esistente: le Cartiere di Trevi lavorano da trent’anni solo con carta riciclata che arriva da tutte le parti del mondo, meno che dall’Umbria. All’inceneritore vogliono mandare un rifiuto chiamato c.d.r. (combustibile da rifiuti), che sarebbe la parte selezionata del rifiuto che ha un potere calorifico di circa 7000 chilocalorie: nel c.d.r. l’unica componente che veramente brucia è carta e plastica: esattamente la parti riciclabili. Ecco quindi che se noi effettuiamo a monte una raccolta differenziata che intercetta il 100% di carta e plastica, e quindi nella composizione del cdr non ve ne è neanche un grammo, non avremmo cdr. Quindi chi vuol accendere un inceneritore sa già che deve boicottare la raccolta differenziata, perché altrimenti non avrebbe nessun prodotto da mettere in camera di combustione. Per questo, l’operazione politica è di fare finte raccolte differenziate, basate su modelli fallimentari. Già vent’anni fa erano falliti i modelli proposti dal secondo Piano regionale: i modelli a cassonetto, anonimi, nelle strade, sono un modello che già vent’anni fa è stato dichiarato fallimentari in quanto non raggiungono le campagne, non superano il 18% di raccolta differenziata.

Esistono però esperienze già consolidate di raccolte differenziate che sono oggi all’80 % e che spendono esattamente il 30% in meno della nostra media regionale, di quello che spendiamo noi come cittadini umbri. Non si capisce perché non possono essere adottate queste esperienze come metodi. Oltretutto sono esperienze a livello nazionale, molto vicini alla nostra realtà: a Torre Boldone, un comune di 40.000 abitanti alla periferia di Bergamo, oggi sono all’80% di raccolta differenziata, sono comunque da dieci anni sopra al 65%, non hanno realizzato inceneritori e spendono il 30% in meno, in media, di quello che spendiamo noi. Il sindaco, una signora del centrosinistra, con chiunque voglia informarsi è di una gentilezza incredibile, forniscono dati, mandano l’assessore in conferenza dappertutto se ne faccia richiesta; ma questi sono degli sconosciuti per l’Umbria, e si capisce perché: in Umbria i proprietari attuali delle discariche, una volta chiuse le discariche, vogliono incenerire. Ma almeno la discarica è un luogo fisico, fisso, su cui si va a inquinare, invece l’inceneritore fa respirare a tutti le polveri o le diossine che nessuna tecnologia esistente capta. Loro incassano, e noi le respiriamo. Ma in Umbria ne abbiamo già tre, in un territorio che non giustificherebbe neanche la costruzione di un impianto: sono lì, pronti per essere alimentati. Naturalmente, l’affare fino a oggi condotto era tale per cui i proprietari delle discariche non avevano interesse a portare i rifiuti dentro l’inceneritore, perché guadagnavano molto di più a seppellirlo: esaurite le discariche, è ovvio che dirotteranno il prodotto sugli inceneritori, che necessariamente devono essere di proprietà loro, per continuare la truffa ai danni dei cittadini, perché le ricordo che tutto questo costa. Il proprietario dell’inceneritore quando riceve il cdr non lo paga: no, si fa pagare per ricevere il cdr. Ecco perché la parola termovalorizzatore è una truffa, perché se io utilizzo un prodotto, e mi è utile, vuol dire che sono disposto a pagare il suo prezzo: se mi faccio pagare per avere un prodotto, si capisce che è una truffa enorme.

Ma c’è produzione di energia elettrica?

La produzione di corrente non c’è, perché l’unica produzione di corrente di un inceneritore è dovuta alla forte iniezione di carburante tradizionale, petrolio o metano, per tenere la fiamma alta in maniera tale che possa almeno contenere i fumi: perché se si abbassasse quella temperatura, non solo si liberano diossine, ma una impressionante quantità di inquinanti: è come un motore diesel che affronta la salita in quinta; a meno che non bruci cdr, allora il discorso è un po’ diverso: ma allora, perché l’impianto inquini un po’ di meno, deve bruciare cdr; ma il cdr è fatto proprio di quei prodotti che si raccolgono separatamente e si riciclano perfettamente. Si capisce allora perché la raccolta differenziata in Umbria deve fallire. L’incenerimento è totalmente alternativo alla raccolta differenziata e al riciclaggio. C’è da dire che talvolta il soggetto gestore, per superare la legge, fa un impianto per cdr: questo gli consente di entrare in procedura semplificata e di scavalcare tutto l’iter di controllo sull’igiene dell’impianto; poi, quando l’impianto è fatto, chi andrà a controllare, visto che è lo stesso gestore della raccolta e dell’impianto di selezione, di che tipo sarà il suo cdr? Io propongo al proprietario di farsi la casa sopra la ciminiera, e di mettere i suoi figli a giocare sopra la ciminiera.

Una delle ipotesi è di fare l’impianto a Ponte Rio, con la ciminiera proprio di fronte a Perugia…

Ma non ci sarà bisogno di costruirlo, l’impianto, perché comunque c’è l’impianto di Pietrafitta, che nessuno si è preso la briga di demolire, ed è un impianto che per accenderlo basta pigiare l’interruttore, perché un impianto per lignite e un impianto per cdr  sono identici. Un altro impianto simile c’è a Bastardo. Andassero male queste due ipotesi, un’altra possibilità ancora più semplice è acquisire gli impianti ex-Agarini, a Terni; Agarini ha un solo problema: lui ha gli impianti, ma la Regione non gli sta mandando il prodotto; quindi basta fare un accordo con Agarini: lui mette gli impianti e la provincia di Perugia gli trova il prodotto. E tutto questo con legge regionale.

A che punto è la raccolta differenziata in Umbria?

I risultati dicono che l’Umbria si colloca forse intorno al 20% come media regionale, e probabilmente sarà anche inferiore; Perugia dichiara quasi il 30%: ma noi lo sapevamo da tempo. In una economia come quella umbra, monopolizzata dalle società pubbliche, perché i privati semplicemente non esistono, chi può portare tecnologia differente da quella delle pseudo-società pubbliche, quale la Gesenu, che da sola ha il monopolio dell’intera provincia di Perugia? In realtà un gruppo c’è, perché noi siamo ancora qui; è ovvio che la prima azione che hanno fatto è stata quella di togliere tutti gli appalti che avevamo noi, che facevano raccolta differenziata efficiente: non ci sono riusciti, però, siamo vivi e ci siamo. L’ing. Montana lavora con quattro comuni, in cui la raccolta differenziata è oltre il 50%: Massa Martana, Acquasparta, Montecastrilli e Sangemini.

Voi avete avuto una esperienza a Passignano?

Certo, quello di Passignano era l’esperimento che oggi è ripreso in Valnerina, dove è stato ripreso un progetto che era già funzionante perfettamente sul Trasimeno nel 2000, e che oggi sarebbe stato una punta di diamante, aveva anticipato i temi anche del finanziamento regionale. Noi eravamo partiti prima: quindi era pienamente operativo. E la cosa era andata così: tagliato fuori Chellini, quel sindaco che aveva capito che il metodo funzionava, si è eliminata anche ogni forma di concorrenza. E temo che anche i sindaci che oggi fanno raccolta differenziata al 50% subiranno l’attacco del loro stesso partito e subiranno l’effetto Chellini: a Passignano, dopo la sconfitta del centrosinistra, il centro-destra ha riconsegnato tutti gli appalti al gruppo Gesenu. Quindi, come vede, parliamo di miliardi.

Vorrei entrare nell’aspetto tecnico, per capire come viene fatta la raccolta differenziata.

Ing. Montana: Abbiamo realizzato un sistema di raccolta differenziata basato sulla raccolta domiciliare, porta a porta, nei centri urbani. Nel tessuto urbano compatto si riesce a fare raccolta differenziata porta a porta, con costi di servizio che sono  più alti, ma sono compensati abbondantemente dall’economia dovuta al mancato conferimento a discarica dei rifiuti; mentre nelle zone di periferia si realizza un sistema di prossimità, con punti di raccolta, che comunque dà un prodotto abbastanza pulito con la partecipazione dei cittadini. Il punto nodale, in un caso e nell’altro sistema, che sono integrati, è la campagna di  informazione, con costi notevoli; anche questa è stata realizzata con un sistema porta a porta, quindi gli operatori opportunamente formati da noi, preannunciati con una lettera mandata dai comuni, hanno spiegato alla popolazione, famiglia per famiglia, e anche alle attività commerciali, come fare raccolta differenziata, dove e come conferire un dato prodotto, gli orari dei passaggi, quindi a che ora dovevano mettere fuori il contenitore con il rifiuto. Quindi si è riusciti ad avere una buona presa sulla popolazione e un buon livello di partecipazione, e già dopo i primi sei mesi siamo riusciti a raggiungere dei risultati che hanno sorpreso noi stessi.

Quindi la famiglia o il singolo utente prepara i rifiuti già separati.

Si, le diverse tipologie di prodotto, carta, plastica, e rifiuto organico, vengono raccolti in maniera domiciliare; ci sono dei giorni in cui bisogna mettere fuori dalla porta il sacchetto o il contenitore specifico. Noi abbiamo fatto la raccolta differenziata domiciliare, mentre quella di prossimità si basa su dei contenitori colorati per i diversi prodotti. Stiamo realizzando un’isola ecologica, che probabilmente inizierà a funzionare dall’inizio dell’anno prossimo per tutti i quattro comuni, in territorio di Massa Martana.

Ing. Catalucci: Segnalerei che hanno raggiunto il 50% della raccolta differenziata senza avere neanche l’isola ecologica.

Ma a parte l’informazione, quale è stato l’incentivo per spingere alla raccolta differenziata?

Ing. Montana: In questo modello no. Il nostro progetto si basava sul fatto che il maggior costo del servizio era compensato dall’economia che si fa con il mancato conferimento a discarica; quindi il costo del servizio resta sostanzialmente inalterato, i cittadini non vedono aumentare la tassa, però non si beccano l’ecotassa, l’ecomulta, e in prospettiva, migliorando il servizio, si può arrivare ad una diminuzione del costo.

Ing. Catalucci: L’incentivo è una fase intermedia per arrivare a questo modello, partendo dal modello attuale, per cui i comuni che vogliono entrare in una prospettiva di raccolta porta a porta partendo dall’attuale modello a cassonetto. Questo per introdurre il concetto che, rispetto all’attuale modello a cassonetto, chi fa raccolta differenziata può ottenere anche un risparmio economico, anzi, è necessario. Già un economista dei primi del Novecento diceva che non esiste nessun percorso vantaggioso in termini ambientali che non lo sia anche in termini economici: così introduceva il concetto della esternalità: colui che porta la nettezza urbana nel giardino del vicino, pensando che in quel momento ne ha tratto un vantaggio, nel momento in cui impoverisce l’ambiente circostante e va a vendere la sua casa, si accorge che è deprezzata anche la sua. Ora, nel modello introduttivo, l’idea è che si possa all’isola ecologica, e questo avviene già ora a Cascia, pagare, cioè - visto che la tariffa è già arrivata all’utente ed è già stata pagata - restituire ai cittadini direttamente il valore commerciale del prodotto, carta, vetro, ferro, plastica, come una spesa fatta all’incontrario: vi è una bilancia, il cittadino conferisce quel prodotto, la bilancia lo pesa e automaticamente fa il calcolo del valore di mercato e gli restituisce i soldi contati. La famiglia quindi fa una spesa all’incontrario, e vede subito il guadagno. La famiglia può decidere se avere subito i soldi o farseli scalare dalla bolletta; però non vi è nessuna condizione per fare bilanci o conteggi: il cittadino vede tanti chili, tanti soldi.

In questo caso il vantaggio dell’azienda è che la merce ha un alto valore di mercato.

Certo, stiamo parlando di merci che stanno sul mercato. Questo è il paradosso: i prodotti riciclati hanno un ottimo mercato, soprattutto la carta e la plastica. Faccio un esempio: un chilo di nettezza urbana ha un costo di smaltimento pari a circa 250 delle vecchie lire, 0,21 centesimi: questo è il costo per il cittadino del rifiuto che finisce nel cassonetto; quando lo stesso prodotto viene messo nella raccolta differenziata, l’industria paga questo prodotto una cifra media che è intorno alle 100 lire: quindi per lo stesso prodotto la differenza fra metterlo nel cassonetto dell’immondizia e nel cassonetto della differenziata è un +300, +400 lire. Ecco quindi che noi abbiamo pensato che se restituiamo un decimo al cittadino, cioè 40 lire al chilo, rientriamo perfettamente. E la nostra è una società che campa di questo.

C’è anche un problema di rifiuti che arrivano da fuori regione, per esempio dalla Campania.

Certo, e poi la Lorenzetti ha dovuto spiegare dove sono andati i ventiquattro miliardi: il problema è emerso perché i ventiquattro miliardi che la regione Campania ha pagato all’Umbria per lo smaltimento non figurano nei bilanci della regione. E’ semplice: c’è una società per azioni che gestisce le discariche. Quindi noi abbiamo ricevuto per sola solidarietà i rifiuti della Campania, ma la società privata di gestione ha incassato ventiquattro miliardi; l’Umbria invece ha incassato solo il peso ambientale. Il discorso è questo: Tecnosea, sui prezzi delle municipalizzate umbre, fa il 35% di sconto, e dal ’95 ad oggi ha sempre dichiarato tra il 10 al 15 % di utile netto. Questo vuol dire che se io lavorassi al prezzo pieno, dichiarerei un utile intorno al 45-50%: ahimé, le municipalizzate denunciano bilanci in perdita o a zero. Allora, se io guadagno il 50% sul prezzo delle tariffe, dove vanno i soldi delle municipalizzate? Lo domando. In Umbria il fatturato lordo è di circa trecento miliardi: io guadagnerei circa il 50%; se amministrassi io, avrei 150 miliardi di utile netto. Dove sono andati? Io penso che il cittadino farebbe bene a chiederlo; io sarei anche in grado di aiutarlo a dire dove sono andati.

Vorrei sapere quante sono le isole ecologiche che avete fatto e dove sono.

La prima isola ecologica a restituzione di valore l’ah fatto Tecnosea a Passignano nel 2000, chi fisicamente ha realizzato l’obiettivo e l’ha raggiunto. C’erano sulla carta progetti precedenti, che però non avevano mai concretizzato una restituzione. Oggi quel modello è stato ripreso, distorcendolo, perché i cittadini non si vedono abbassare la tariffa: danno un regalino, che però non comporta un abbattimento dei costi. Un paradosso: in termini di normativa, il rifiuto che è una merce, perché si vende e se ne trae un vantaggio, quindi è un prodotto, per gestirlo, trasportarlo, toccarlo, bisogna avere le licenze pari a quelle di chi fa lo smaltimento dei rifiuti. Questo è già una distorsione rispetto al decreto Ronchi, che dice esattamente il contrario, ma le leggi attuative in Umbria lo distorcono, semplicemente perché si vuol togliere di mezzo il soggetto privato. Io posso vendere il grano, la ceramica, la pasta, ma se vendo la carta che ho raccolto è traffico illecito di rifiuti. Vi è quindi una istituzione centrata intorno a un monopolio, che fa quadrato, che non riesce quindi a svilupparsi: se deve far trasportare il cartone che lei ha raccolto come cittadino da un soggetto che deve avere licenze pari a uno smaltitore, le stanno dicendo che lei deve far utilizzare la carta raccolta separatamente dallo stesso gestore dei rifiuti. E il gestore dei rifiuti fa pagare il trasporto un prezzo pari a quello del valore di mercato del prodotto. E questo fa sì che la raccolta differenziata costi ai Comuni: un comune che voglia incentivare la propria raccolta differenziata deve chiedere alle famiglie più soldi, in netta contraddizione con tutti i modelli europei, ed anche i modelli italiani. Noi siamo qui per rompere questo atteggiamento.

Dunque non è vero che la raccolta differenziata costi di più?

Ing. Montana: Come servizio di raccolta si, come gestione di economia il compenso supera le spese.

Giampiero Partenzi: Ad esempio, tutta la plastica che è nel deposito di Foligno, loro se la rivendono, e dunque ha un valore, che è di 21 centesimi al chilo, un valore riconosciuto dal Conai.

Ing. Catalucci: Tutto questo è stato preparato per anni, facendo una politica appropriata, a destra come a sinistra: basti pensare che nel centro-destra ogni politico non parla di prodotto o rifiuto come materia seconda, la chiama “monnezza”; e questo la dice lunga. In realtà in Umbria, per riuscire a fare un piano regionale che è copia del primo, semplicemente i politici di destra si sono presi la loro parte e si sono sistemati. L’altro elemento di disturbo che ha portato qualche volta Rifondazione comunista, il più delle volte è rimasto marginale, ma è l’unico elemento serio di disturbo con cui si deve confrontare qualche volta la politica regionale. Lo spazio di Rifondazione è molto condizionato da una ideologia che li marginalizza, perché per liberare il mercato bisogna chiamare l’impresa privata. Ma basterebbe una piccola impresa, un operatore, cioè l’impresa fatta da un soggetto; ma per Rifondazione l’impresa è sempre un ladro. E così i Ds sono sin una botte di ferro: una volta sistemata la destra, che potrebbe tirar fuori dal cilindro qualche imprenditore veramente intenzionato, a sinistra non sanno a chi rivolgersi. Perché questa è teoria: per metterla in pratica occorrono imprenditori che investano e che sanno bene che alla prima uscita il loro camion verrà fermato con qualsiasi pretesto. In Umbria ogni e qualsiasi gestore di servizi di raccolta differenziata utilizzatore sono continuamente chiusi dall’autorità pubblica: o le Arpa, o le Province o i Noe. Come qualcuno alza la testa, è sempre e comunque fuori norma, perché il progetto è: oggi in discarica, domani al mio inceneritore.

I prodotti che raccogliete vanno sul mercato?

Certo, anche in Umbria; ma è più facile mandarli su mercati extra-umbri che umbri. La fortuna dei comuni dove opera l’ing. Montana è che sono marginali e non perfettamente nel centro dell’Umbria, a cavallo di due province, sono su posizioni marginali in termini di fatturato, e così i comuni della Valnerina, dove vedremo cosa maturerà, visto che siamo partiti solo da un mese, probabilmente aggiungeremo a Cascia anche Norcia, per avere una più ampia autonomia, ma bisognerà vedere nei fatti. Resta il fatto che se un comune, come Torre Boldone, spende il 30% in meno di ogni cittadino umbro, e viaggia all’80% di raccolta differenziata, io credo che i modelli ci siano, e vicino a noi.

Ing. Montana: Naturalmente bisogna dire che c’è un costo iniziale per avviare la raccolta differenziata, ma è un costo che si ammortizza negli anni, come un investimento.

Ing. Catalucci: Ci sono anche i contributi. Non dimentichiamo che sui contributi è caduto il sindaco Chellini, che è caduto perché ha utilizzato il contributo per lo sviluppo di un modello completamente differente dal modello del monopolio umbro. Ma oggi posso dire con felicità che di modelli ve ne erano altri, marginali rispetto al potere diessino, e i progetti sono andati avanti. Anche a Cascia e Norcia noi realizzeremo quel modello, non ne siamo certo noi gli invemtori, ma siccome funziona da dieci anni, il modello è consolidato.

Ing. Montana: C’è un problema di democrazia economia: dare a più soggetti la possibilità di partecipare a un ciclo economico che si svolge con delle lavorazioni, e quindi ha delle ricadute economiche e sociali su larga basa, o monopolizzare in poche mani, di grosse aziende, un ciclo che è quasi interamente automatizzato e che dà lavoro a pochissime persone.

Ing. Catalucci: E tutta l’industria che ricicla il prodotto differenziato è già tutta presente in Umbria, e riceve da altri paesi ma non dall’Umbria: il ferro alle Acciaierie di Terni, la cartiera di Trevi lavora carta e cartone esclusivamente da raccolta differenziata da 25 anni, la Isoplast di San Lorenzo di Trevi mette in produzione plastica che proviene da raccolta differenziata ma non dall’Umbria.

Quindi l’industria, ricevendo questo tipo di materiale, ha un vantaggio economico.

Ing. Montana: Certo, risparmia sulla materia prima. Ad esempio, l’industria del vetro e l’industria dell’alluminio preferiscono utilizzare rottame perché partendo dal rottame risparmiano energia rispetto alla produzione ex novo. Il vetro si produce dal quarzo presente nelle sabbie: un conto è estrarre quarzo dalle sabbia, un conto è che entra vetro, viene rifuso e rifatto vetro. Senza andare lontano, c’è la cooperativa di Piegaro.

Ing. Catalucci: Tutto il comparto in Umbria è già pronto e realizzabile, fatto da soggetti plurimi, ci sono una miriade di imprenditori, e che partecipa alla concorrenza; sono così tanti che non è facile metterli d’accordo: ecco perché il soggetto politico non li vuole conoscere: per realizzare il pacchetto dei finanziamenti ai partiti, il partito, qualunque esso sia, non sceglie la pluralità dei soggetti, preferiscono scegliere un soggetto perché è più facile piegarlo. Su questo hanno sempre fatto sponda anche i partiti dell’estrema sinistra: non hanno capito che loro strillavano attenti al lupo, ma il lupo è già dentro! E strillare al lupo quando il lupo è già dentro vuol dire far mangiare tutte le pecore a uno solo. Per tirare via il lupo dall’ovile, occorre far entrare gli altri, perché solo fra lupi si possono tenere a bada, e questo lo fa la concorrenza. Tutte le economie in occidente in cui non c’è l’elemento di concorrenza, non si sviluppano. E tutto questo lo pagano i cittadini con le tariffe: io sfido un cittadino che decida di pagare il finanziamento ad un partito.

Giampiero Partenzi: Va detta anche una cosa: che le restituzioni che noi diamo in contanti o che non diamo subito ma che sono detratte dalla Tarsu, sono un abbattimento del costo della raccolta rifiuti, perché si produce di meno, si mette meno roba nel cassonetto, e dunque i rifiuti costano meno. Tutto quello che è finito nel mercato non è finito nel rifiuto, e il comune ha 250 lire al chilo di vantaggio. Ci sono meno viaggi dei camion, ecc.: il comune che ha un risparmio su quel servizio può utilizzare i fondi per rilanciare e fare una vera politica sociale. Il comune potrà decidere in parte di abbassare la tariffa, in parte di andare a incrementare dei servizi: certo è che i comuni che non hanno disponibilità di fondi di sicuro non potranno far niente: le politiche sociali potranno solo enunciarle. E questo è il caso dell’Umbria: le politiche sociali in Umbria mancano, perché ai comuni mancano i fondi, perché sui servizi ci fanno spendere il doppio, in rapporto alla qualità del servizio. Certo, Milano spende tre volte la tariffa dell’Umbria: ma Milano i rifiuti li manda a novecento chilometri di distanza, qui li seppelliamo in casa. I gestori umbri dicono: i prezzi sono tra i più bassi: non è vero, sono fra i più alti rispetto a quei comuni che sono dotati di discarica. Fare una buca e seppellirvi i rifiuti non costa nulla, ma si lascia quella eredità ai figli. Non c’è nessuna tecnologia, ma sono bombe a tempo che svilupperanno io loro contenuto negativo in venti o trent’anni, e poi c’è l’inquinamento di falda che prima o poi arriva, bisogna solo aspettare. Nel costo bisogna metterci anche questo. Ebbene, si è speso il 30% in più dei comuni che fanno raccolta differenziata.

Ing. Montana: Il metodo è quello di usare quella specie di ricatto, per cui se oggi abbiamo le discariche quasi piene, nel momento in cui si riempiono non sappiamo più dove mettere la roba e va a finire come a Napoli, allora dobbiamo fare l’inceneritore, che è un’altra forma di smaltimento; se nel frattempo non sono partite le raccolte differenziate, chiaramente siamo nei guai e dobbiamo fronteggiare l’urgenza. Certo, per far partire la raccolta differenziata non mi nascondo che ci vogliono anni, però bisogna pur partire in qualche modo. Chiaramente, se si fa l’inceneritore oggi subito, è la morte delle raccolte differenziate. E poi l’inceneritore deve funzionare, non si può fermare: non si può investire in un inceneritore e poi farlo morire poco dopo. E’ un po’ come la storia degli impianti di selezione, che escono fuori mercato, se si fa una raccolta differenziata, perché non c’è più bisogno di selezionare: la selezione è fatta dal cittadino.

Ing. Catalucci: Chi è stato al potere negli ultimi quindici-vent’anni sa benissimo che decentrare il rifiuto significava perdere soldi, quindi perdere potere: ecco perché le discariche, l’inceneritore, ecc.Quale altro settore riesce a produrre un gettito di 150 miliardi come i rifiuti, per finanziare la politica?