La Buona Terra

Intervista a Marianna Di Mauro e Dino Mengucci

 

Per costruire un nuovo rapporto uomo-natura occorre allestire anche i luoghi dell’esperienza dove sia possibile praticare concretamente nuovi modelli di comportamento basati sulla conoscenza degli ecosistemi naturali. Organizzare i luoghi della memoria ed i luoghi dell’esperienza significa dotare il territorio di postazioni fondamentali per poter praticare con qualche successo un’educazione ambientale che non si limiti a descrivere i fenomeni conservati, ma aiuti a capire il loro divenire e, soprattutto, a governare le trasformazioni, a gestire il cambiamento.

Questo è quello che si propone di fare “La buona terra”, il Centro di Educazione Ambientale di Passignano, che si propone al pubblico come una fattoria scuola. Si tratta di una cooperativa agricola costituitasi nel 1976 e che opera dal 1977 sulle colline del Trasimeno. La cooperativa è nata su iniziativa di un gruppo di giovani con un progetto di riutilizzo produttivo delle colline intorno al lago e delle zone marginali abbandonate. Gestisce un territorio di oltre 100 ettari di cui 40 di bosco di latifoglie in conversione ad alto fusto, un uliveto di 12 ettari, un giardino di erbe officinali, un orto, frutteto, ed il resto adibito a pascolo per pecore, capre, mucche e cavalli.

Da sempre aperta alle scuole per visite occasionali, dal 1989 la Buona Terra offre ospitalità in azienda privilegiando le scuole, le cooperative di servizi, le associazioni che operano con persone disabili, e quei gruppi sociali che hanno l’obiettivo di ricercare un rapporto equilibrato tra agricoltura e ambiente.

L’idea di una fattoria-scuola nasce con l’intento di avvicinare bambini e bambine alla vita di una fattoria tradizionale facendoli partecipare attivamente ai lavori quotidiani, e di offrire, per quanto possibile, una visione ecologica dei gesti quotidiani riproponibili nella vita di ogni giorno. L’ipotesi centrale delle attività (agricole, zootecniche, trasformazione dei prodotti, attività artigianali, gestione dei rifiuti, laboratori espressivi con materiale reperito nel luogo, ecc.) consiste nel proporre la Fattoria scuola come strategia educativa, offrendo a gruppi di bambini o ragazzi la possibilità di partecipare alle attività quotidiane della fattoria seguendone la stagionalità.

Del gruppo “storico” della cooperativa restano oggi Marianna Di Mauro, che tutti chiamano Anna, e Dino Mengucci, a cui abbiamo fatto qualche domanda per saperne di più.

Perché partire dai ragazzi, dalle scuole?

I bambini sentono gli odori, osservano gli animali, e poi raccontano di quelle avventure vissute qui. Conoscono il ciclo della vita da subito, capiscono da dove deriva il piatto che hanno davanti e, ad esempio, lavorando personalmente alla lavorazione del formaggio, non lo dimenticheranno mai. È un’esperienza che rimane impressa nei loro ricordi perché ricca di stimoli e di situazioni nuove per ragazzi di città.

Cosa lega ”La buona terra”  al Trasimeno?

Ambiente, agricoltura e turismo devono necessariamente essere collegate, soprattutto in un luogo come questo. Le filiere agroalimentari sono connesse alle potenzialità di offerta turistica e del territorio. Qui manca, o è solo in via di sviluppo, una cultura del cibo. Ciò a cui mirare sono progetti specifici legati alla tipicità dei prodotti, e tutelando allo stesso tempo il territorio. La qualità è prodotta sul posto: il turista che viene a cena sul lago non cerca il pesce surgelato, ma la qualità, la tipicità che spetta a noi assicurare.

Secondo te, dove dobbiamo cercare il futuro del Trasimeno?

Beh, il futuro c’è se usiamo quello che è nostro: il vino, l’olio, i fagioli. Dobbiamo riconoscere il valore aggiunto dei nostri prodotti per renderci competitivi.

Perché una fattoria-scuola su questi colli?

E’ un modo per riconoscere la multifunzionalità dell’impresa agricola. Stage, centro di educazione ambientale ed alimentare sono alcune delle vesti che un’impresa agricola può assumere. E’ nella coerenza che si fa strada il futuro di cui posti come il Trasimeno hanno bisogno, perché se continuiamo a mischiare l’olio, avremo tanto guadagno, ma nessun futuro.

Tu perché non lo fai?

Di solito si risponde “per passione”. Si, anche. E’ la passione che, unita alla coerenza di cui parlavo, rincorre un sogno. Il mio sogno è quello di vivere in una società più giusta. Io ci credo in un mondo migliore, e quindi in un Trasimeno migliore. Le potenzialità ci sono tutte, bisogna lavorare su questi filoni.